Il Corriere della sera l’intervista il premier Matteo Renzi. Francia, Germania e Gran Bretagna si stanno muovendo sul fronte della guerra all’Isis. Noi siamo l’unico grande Paese europeo fermo, presidente Renzi qual è la strategia? «La posizione dell’Italia è chiara e solida. Noi dobbiamo annientare i terroristi, non accontentare i commentatori. E la cosa di cui non abbiamo bisogno è un moltiplicarsi di reazioni spot senza sguardo strategico. Tutto possiamo permetterci tranne che una Libia bis». Non teme che così l’Italia rischia di avere un ruolo marginale nella partita libica? «Se protagonismo significa giocare a rincorrere i bombardamenti altrui, le dico: no grazie. Abbiamo già dato. L’Italia ha utilizzato questa strategia in Libia nel 2011: alla fine cedemmo a malincuore alla posizione di Sarkozy. Quattro anni di guerra civile in Libia dimostrano che non fu una scelta felice. E che oggi c’è bisogno di una str ategia diversa». E noi restiamo fermi… «No, siamo ovunque. L’Italia è una forza militare impressionante. Guidiamo la missione in Libano, siamo in Afghanistan, in Kosovo, in Somalia, in Iraq. Il consigliere militare di Ban Ki-moon per la Libia è il generale Serra, uno dei nostri uomini migliori. Abbiamo più truppe all’estero di tutti gli altri, dopo gli americani e come i francesi. I tedeschi hanno deciso di aumentare i loro contingenti dopo Parigi, ma ancora non arrivano al nostro livello di impegno. E ciò che loro hanno deciso nel dicembre 2015, noi facciamo dal settembre 2014. Sono fiero e orgoglioso dei nostri militari. Ma proprio perché ne stimo la professionalità dico che la guerra è una cosa drammaticamente seria: te la puoi permettere se hai chiaro il dopo. Quando diventi presidente del Consiglio ti guida la responsabilità, non la smania». Comincia l’Anno Santo, aumentano i rischi di un attentato? «I rischi ci sono sempre. Non facciamo allarmismi e non sottovalutiamo niente. Speriamo di replicare il successo Expo».Non crede di aver deluso le imprese spostando le risorse stabilite per taglio all’Ires al bonus per i giovani? «No. Abbiamo eliminato l’Irap costo del lavoro, l’Irap agricola, l’Imu. Abbiamo ridotto in modo strutturale la pressione fiscale sulle imprese e continueremo a farlo. Chi vorrà investire in azienda — anziché mettersi i soldi in tasca — avrà incentivi a cominciare dal superammortamento. E i consumi sono tornati a crescere da quando abbiamo rimesso nelle tasche degli italiani io miliardi con gli 8o euro. Nessuno aveva mai fatto così tanto in così poco tempo. Le aziende lo sanno. Si può sempre fare meglio, ma dato il quadro di bilancio — dal prossimo anno il debito finalmente scenderà e questo è un bene per i nostri figli — non possiamo fare di più. Adesso la sfida è soprattutto sui consumi. Gli italiani sono delle fonnichine e hanno un risparmio privato tra i più alti al mondo. Se smettiamo di piangerci addosso e creiamo un clima che incoraggi a rimettere in circolo i denari, allora l’Italia tornerà locomotiva d’Europa. Il salto di qualità lo faremo quando si smuoverà l’immenso moloch del risparmio privato. E, in misura minore, gli investimenti pubblici». L’Istat ha rivisto in meglio le stime del Pil che aveva dato l’altro giorno. Ma comunque di uno o,8 s i tratta, cambierà qualcosa nella legge di Stabilità o gli interventi previsti sono sufficienti? «Non cambia niente. Fino a un anno fa dicevano che avremmo fatto la fine della Grecia e oggi la musica è diversa. In un anno recuperiamo trecentomila posti di lavoro col Jobs act, i mutui crescono del 9496, il Pil torna positivo dopo tre anni. Certo, il quadro internazionale non ci aiuta, ma l’Italia è forte. E se riparte la scintilla che viene solo dai cittadini, dai consumatori, dagli imprenditori, allora altro che Grecia: faremo meglio della Germania». Il Censis ci descrive come un Paese in letargo… «Quella del letargo è una immagine che non mi convince. Chi sta tenendo in piedi l’Italia è gente che non dorme. Gente che crede nel merito. Che rischia tutti i giorni».