L’esclusione del suffragio universale nell’elezione del Senato della Repubblica italiana viola, senza mezzi termini, la proclamazione della sovranità popolare sancita dell’art. 1 della nostra Carta Costituzionale. Da giurista, definirei questa riforma un aborto indotto. Un’idea confusa e non coerente con i principi costituzionali fondamentali.
Se non fosse reale, stenterei a credere che questo progetto di riforma esista davvero. Attribuire alle Regioni italiane, fulcro di corruzioni, malaffare e sprechi ingiustificati in ogni contesto, la possibilità di costituire un ramo del Parlamento è un controsenso sia giuridico che etico. In Italia il progetto regionalista è platealmente fallito. Le Regioni sono diventate centri di potere smisurato e di sconsideratezza politica. I componenti di questi enti territoriali hanno molte funzioni determinanti senza dover rispondere agli elettori del loro operato. I risultati sono i seguenti: tantissimi presidenti, assessori e di consiglieri regionali sotto inchiesta per reati, tutti più o meno gravi, riconducibili al malaffare ed alla corruzione. La domanda a questo punto nasce spontanea: questi signori diventeranno senatori della Repubblica italiana? Certamente si! Nulla oggi lo impedirebbe. Anzi c’è di più: i nuovi senatori faranno due lavori, uno a livello nazionale e uno in ambito regionale. Questo senza subbio porterà a continui conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Camera e Senato: in buona sostanza il caos.
Spero tanto di sbagliare, ma credo che emergeranno tantissimi problemi di ordine giuridico-costituzionale. Voglio rimarcare, in maniera fortemente negativa, che questa riforma è in questa fase perché la minoranza del PD l’ha inspiegabilmente votata. Cosa si sarebbe potuto fare per evitare questo obbrobrio giuridico? Io avrei optato per la abrogazione del Senato e la riduzione della Camera a trecento componenti, preferendo in tal modo un vero monocameralismo con i dovuti contrappesi e bilanciamenti di natura costituzionale. A questo punto, resta solo da augurarsi che il progetto attuale non veda mai la luce.