di NADIA PEDICINO
Si intitola “Tūnus – ma route est la seule route” la prima mostra personale di Matteo Pedicini, giovane artista napoletano che stasera espone le sue fotografie nella suggestiva cornice dell’Istituto francese Grenoble di Napoli in un vernissage patrocinato dal Consolato generale di Tunisia a Napoli.
L’artista si esprime sia attraverso la fotografia che attraverso il video, con due titoli: “Tunus”: promontorio o forse luogo dove trascorrere la notte ( così i Berberi chiamarono la Tunisia) e “My way is the only way”, come proclama la maglietta di Amor, uno dei bambini dell’oasi di montagna di Chebika. Due titoli dunque: uno legato al passato, l’altro al presente, anche se non c’è dubbio che delle due facce – la vecchia e la nuova del Paese – sia stata la prima ad appropriarsi della sua attenzione di viaggiatore e quindi a prevalere anche nelle immagini che propone.
Tornando a casa Matteo Pedicini appuntò: “Anche se la nostra realtà tende ad appiattire i caratteri identitari e a proporre con prepotenza linguaggi omologati, mi è sembrato di scoprire un luogo di resistente, fiera individualità. E ciò anche se quella terra è stata a lungo francese e da molto tempo la sua identità è qualcosa di molto complesso”.
Matteo Pedicini si è abbandonato al suo modo istintivo di viaggiare e di guardare, in uno scambio di curiosità, gli occhi di quelli che a loro volta fissavano lui; o a ficcare il naso nelle botteghe e nei graffiti sui muri esterni degli edifici; o a osservare da lontano il perfetto isolamento degli insediamenti in mezzo al mare di sabbia.
“Ho cercato – commenta l’artista – di catturare attimi e volti di un territorio e un popolo che rievocassero le loro storie e le sensazioni che provavo in quel presente. Un’operazione sicuramente tendenziosa, attraverso la quale ho preteso di rappresentare non la complessità di un Paese, ma solo un primo incontro breve e caldissimo, non da studioso, ma da viaggiatore felicemente stupito di fronte alla forza di un popolo lontano eppur così vicino a noi nel Mediterraneo”.
Se il viaggio fu il momento dell’improvvisazione e di un raccolto anche un po’ casuale, la mostra è quello della meditata sistemazione.
L’artista osserva il materiale attentamente, lo seleziona tenendo conto anche degli spazi in cui va esposto; ma poi torna ripetutamente a controllare, e ogni volta cambia qualcosa. Si organizza il discorso in frasi da disporre alle pareti: lunghe e brevi, pesanti e di contorno. Su quale carta stampare: la baritata, perché è più corposa, la lucida no, perché è leggera. Sceglie i formati: diversi, ma entro un ridotto numero di possibilità. E infine le cornici senza il vetro, che riflette e separa dalla foto, e poi altro filo conduttore il legno, che è povero, ricco di imperfezioni, ancora resistente e vivo: i nodi e la resina sono i suoi piccoli punti forti.