Antonio Troise
Se un marziano avesse acceso martedì sera la tv, sintonizzandosi sul salotto di Bruno Vespa, dove i due Matteo, Renzi e Salvini, si lanciavano stilettate velenose e sorrisi al vetriolo, avrebbe avuto due certezze. La prima: quella di trovarsi di fronte a leader in lotta per la premiership del Paese, come se Conte fosse stato già traslocato da Palazzo Chigi. La seconda: di essere piombato nel bel mezzo di una campagna elettorale. Entrambe cose, nella realtà, completamente false. Anzi, la seconda solo parzialmente non vera, perché nel Paese dove un mese sì e l’altro pure si vota, solo in una regione, peraltro assai piccola, la campagna elettorale si trova effettivamente alle battute finali. E poco importa se alle urne è chiamata solo una piccola percentuale della popolazione italiana. Anche in questo caso il voto rischia di avere effetti nazionali.
Ma al di là del test regionale di domenica prossima, la sensazione è che Salvini e Renzi più che un vero e proprio “duello” abbiano messo in scena l’ennesima fiction della politica italiana. E già questo basterebbe per sintetizzare l’anomalia della politica italiana. Nei Paesi anglosassoni o negli Stati Uniti, il confronto in diretta fra i candidati, non è solo una consuetudine ma addirittura un obbligo. Nessun politico si sognerebbe di rifiutare uno scontro ad armi pari in tv per conquistare il consenso degli elettori. Da noi, invece, dire di no ad un duello elettorale è ormai la regola. Messa in pratica da Berlusconi fin dal 2001, quando non accettò il confronto con Prodi sostenendo che i confronti all’americana si fanno solo quando si è in svantaggio. E seguita, pedissequamente da tutti i leader dei partiti, negli appuntamenti elettorali di rilievo, tranne qualche rara eccezione per le elezioni comunali.
E, allora, perché lo scontro fra i due Matteo? La verità è che entrambi avevano più di una ragione per duellare. Salvini vuole recuperare punti e credibilità dopo le follie del Papeete, fra mojito e proclami, fino all’apertura, in pieno agosto, della crisi di governo. Renzi, diventato invece uno degli azionisti principali del nuovo esecutivo giallo-rosso, ha tutto l’interesse a far conquistare spazio e popolarità alla sua nuova creatura politica, Italia Viva, che langue nei sondaggi (si attesta sul 4%) e che cerca un rilancio con la nuova convention della Leopolda nel fine settimana.
Nessun problema, per carità, è lecito per il leader di un partito utilizzare tutti gli strumenti per accreditarsi e trovare nuovi spazi di consenso. Quello che è meno lecito, però, è contribuire a confondere ulteriormente l’opinione pubblica, continuando quel teatrino della politica che è stato, probabilmente, la benzina che più ha alimentato il fuoco dell’anti-politica. Insomma, ben vengano i duelli in diretta tv. Ma quando fanno gli interessi dei cittadini e non quelli dei singoli leader. In questo caso rischiano non solo di essere inutili ma, perfino, dannosi.