In una svolta attesa e accolta con sollievo, i 6.500 presidi italiani hanno finalmente siglato il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), concernente anche i dirigenti universitari, dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (Afam) e della ricerca. Dopo un’attesa che ha visto precedere il loro accordo quello di 850mila docenti, si chiude la sessione dei rinnovi contrattuali 2019-21 per il vasto comparto dell’Istruzione e ricerca.
L’accordo raggiunto presso l’Aran prevede un aumento medio del 3,78%, che si traduce in un incremento di circa 240 euro, di cui 195 euro saranno assicurati sulla retribuzione fissa e i rimanenti 45 euro saranno oggetto di ulteriore contrattazione.
Nel dettaglio, il contratto stabilisce un incremento progressivo: 84 euro dal gennaio 2019, che diventano 130 euro dal gennaio 2020, per poi assestarsi a 135 euro a partire dal gennaio 2021. Questi adeguamenti porteranno il nuovo stipendio tabellare annuo lordo a 47.015,73 euro, suddivisi su 13 mensilità. La retribuzione di posizione fissa, gravata dagli oneri del Fondo Unico Nazionale (Fun), subirà un aumento, raggiungendo i 13.345,11 euro, con un ulteriore incremento di 60 euro mensili lordi, valido anch’esso per 13 mensilità, a partire dal gennaio 2021.
Si aggiunge alla contabilità la possibilità per le amministrazioni di riconoscere incrementi salariali fino allo 0,22% del monte salari. Inoltre, per i dirigenti scolastici, verranno messe a disposizione risorse specifiche derivanti dalla legge di bilancio 2022, destinate all’incremento del Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato.
L’accordo prevede anche il pagamento degli arretrati, che ammontano a poco più di 10mila euro lordi, cifra che tiene già in conto l’indennità di vacanza contrattuale. Un traguardo che si traduce in un significativo riconoscimento per il ruolo dei presidi nel panorama educativo nazionale.