Non c’è niente da fare: amiamo gli anglicismi. A parte l’opinione negativa di qualche purista, bisogna riconoscere che, in genere, i “prestiti” linguistici arricchiscono la lingua che li riceve. L’attuale pandemia da Covid 19 ha contribuito in modo significativo ad arricchire il lessico familiare di ciascuno di noi con termini poco utilizzati, se non addirittura sconosciuti, fino a pochi mesi fa. Dal 9 marzo 2020 abbiamo dovuto accettare che tutte le attività in Italia fossero sottoposte a chiusura totale, di lì a poco definita lockdown. Abbiamo dato prova di grande spirito di adattamento e senso del dovere attrezzandoci a lavorare da casa, ovvero adeguandoci alle nuove modalità dello smartworking. Abbiamo trepidato nel sentire le varie ipotesi di trasmissione del morbo, complici le minuscole particelle denominate droplet, così come abbiamo imparato a definire cluster un focolaio d’infezione circoscritto. Ci siamo dati vicendevolmente forza, nelle dure settimane di quarantena, con flash mob e performance musicali dai balconi di casa. E ancora task force, screening, hub, call, covid hospital, voucher e data breach. Ognuno di questi termini ha scandito momenti che rimarranno a lungo impressi nella memoria collettiva.
Siamo in quella che gli esperti chiamano Fase 2 avanzata; stiamo tentando di comprendere come far combaciare la ripresa delle attività con la prudenza necessaria di dover fare tutto ciò a virus circolante. Anche se non vi sono ancora certezze circa gli scenari futuri, è comunque fondamentale ragionare sin da ora su di un argomento fondamentale per gli italiani: le vacanze. E’ amaramente vero che la pandemia da Covid 19 ha modificato abitudini, priorità e norme comportamentali dei viaggiatori su scala globale. Ma andare in vacanza rimane comunque una necessità per tutti.
Il settore del turismo in Italia movimenta tra il 12 e il 13 per cento del PIL, con tre milioni di lavoratori; c’è un importante flusso di turismo interno. Con ogni probabilità, chi potrà permetterselo nei prossimi mesi opterà in molti casi per soluzioni non troppo lontano da casa propria, anche di pochi giorni. Alcuni recenti sondaggi hanno rivelato che gli italiani, dopo la durissima quarantena, coltivano il desiderio di una vacanza; da sempre viaggiare è sinonimo di libertà e, mai come adesso, si riscontra tanta voglia di una sana evasione.
Tuttavia la stagione turistica che si prospetta sarà molto diversa dal solito. Il turismo sta cambiando e cambierà ancora: sembra scontato che quest’anno il movimento sarà essenzialmente interno e che coloro i quali vorranno concedersi qualche giorno di meritato svago avranno delle richieste molto stringenti; saranno vacanze probabilmente più brevi rispetto agli anni precedenti, dato che molti lavoratori hanno dovuto utilizzare le ferie durante la chiusura forzata delle loro aziende e saranno, soprattutto, vacanze prudenti e “sicure”. Proprio a causa di queste particolari esigenze da qualche settimana è tornato prepotentemente alla ribalta un altro anglicismo: staycation, per l’appunto. L’interessante neologismo nasce in un contesto di crisi economica: si tratta di una “parola macedonia” (espressione coniata dal linguista neopurista Bruno Migliorini) formata dalla fusione di stay at home e vacation, ovvero fare una vacanza a casa o nelle sue vicinanze: un turismo di prossimità, insomma. Questa sembra essere la migliore risposta alla necessità di molti di andare comunque in vacanza nel 2020, pur vivendo all’interno di uno scenario inedito che vede la contrapposizione tra la necessità di evadere allontanando la mente dalle angosce legate all’emergenza Covid 19 e le difficoltà oggettive di mantenere comportamenti virtuosi e previdenti. Qual è, dunque, la vacanza dei sogni degli italiani nel 2020? Pare che tra le opzioni prenda sempre più corpo l’idea delle gite fuori porta e delle escursioni all’aria aperta ma anche della casa vacanza isolata, con ampi spazi all’aperto e possibilmente con piscina. Di sicuro si tratterà di un turismo che punterà sulla sicurezza, con particolare attenzione alle norme d’igiene ed al distanziamento sociale. Proprio quest’ultimo punto farà crescere l’interesse verso le destinazioni poco note, non inserite nei circuiti del cosiddetto overtourism, del turismo di massa.
Di particolare interesse sono i dati che emergono da uno studio condotto da Demoskopika che ha riguardato il T.a.tu.r, acronimo che sta per “Tasso di appartenenza turistica regionale” in rapporto ai turisti che trascorrono la vacanza nella regione di residenza sul totale dei vacanzieri. Ebbene la Sicilia presenta il più elevato livello di appartenenza turistica, con il 40,59% di “identitari” ovvero residenti che trascorrono le vacanze in territorio siciliano. A seguire, con tassi rilevanti, la Sardegna e la Campania rispettivamente con il 29,06% e il 26,63%. Questo ci sembra un ottimo dato sul quale riflettere e dal quale partire per costruire seriamente una campagna atta a sensibilizzare ancora di più circa la bellezza di “fare vacanza di prossimità”.
Se al momento attuale ci sembra di poter affermare che il turismo di massa è un fenomeno destinato a scomparire per qualche tempo, riusciamo comunque a scorgere il potenziale dello staycation, che si basa su alcuni punti fondamentali: ecosostenibilità, territorialità, turismo lento, esperienza e destagionalizzazione dell’offerta. Il turismo di prossimità o staycation che dir si voglia, non si discosta poi tanto da quell’altro concetto di undertourism (eh si, ancora un anglicismo) ovvero l’idea di un altro tipo di viaggio rispetto alle mete ipersfruttate e consumate da orde brulicanti di visitatori alla ricerca del selfie perfetto, quello postato infinite volte su Instagram. L’undertourism è la chiave interpretativa perfetta, una visione degli scenari turistici che offre ampio spazio alla soggettività. E’ la scelta che soddisfa tutta una serie di necessità: il viaggio di prossimità è etico, personalizzabile al massimo, sostenibile sia sul piano sanitario (difficilmente si potranno avere grossi problemi nell’attuare il giusto distanziamento sociale in uno dei tanti, splendidi borghi siciliani) che sul piano economico. Sarà nostro compito aiutarvi ad individuare, di volta in volta, quel particolare luogo, borgo, villaggio, scorcio paesaggistico, monumento, museo che vale la pena conoscere e per il quale vale la pena spostarsi all’interno di quest’Isola che ben si presta a diventare meta obbligata dei vacanzieri post Covid 19. Mettiamoci in viaggio, allora; alla scoperta della Sicilia, luminoso esempio di “Museo Diffuso”.
Anna Maria Alaimo