Passa anche da Melfi il futuro dell’industria dell’auto italiana. Non a caso è partito proprio dalla situazione nello stabilimento lucano il round di trattative fortemente voluto dal ministro delle imprese, Adolfo Urso, proprio per spingere il gruppo ex Fiat a rispettare l’impegno di produrre entro il 2030 un milione di auto all’anno. Al tavolo convocato ieri presso il ministero di via Veneto, non si sono presentati i vertici dell’azienda ma solo i rappresentanti del gruppo. Assenze giustificate dai manager invocando la “policy aziendale legata agli incontri nel periodo di campagna elettorale”. Presente, invece, il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, dell’Anfia (Associazione Nazionale Filiera Italiana Automotive) e delle organizzazioni sindacali che non hanno digerito l’assenza dell’amministratore delegato, Carlos Tavarez. Mentre lo stesso ministro delle imprese non ha esitato a lanciare un nuovo monito all’azienda: “Il governo ha già dato, ha messo in campo una politica per l’auto, anche per cambiare la politica europea sul settore, ha realizzato un piano di incentivi per l’innovazione e per l’auto. Ora tocca alla società adattare il suo piano industriale, finanziario rispetto a quello che il sistema Italia si aspetta”. Il riferimento è alla raffica di eco.incentivi ormai ai nastri di partenza con una dote complessiva di 950 milioni e sussidi che, per le fasce più deboli, possono arrivare a 13.500 euro. Urso continua anche a cercare un secondo produttore di auto per arrivare alla soglia di 1,3 milioni di vetture all’anno. E, rivela il ministro, almeno 7-8 grandi gruppi avrebbero bussato alla porta del dicastero di via Veneto dichiarando il proprio interesse a investire nel nostro Paese. «Capisco che Tavares tuteli gli interessi degli azionisti, ma il governo tutela gli interessi degli italiani», ha sottolineato il ministro, spiegando che negli altri Paesi europei, “ci sono da sei a otto case automobilistiche, come in Francia, Germania Spagna, Polonia mentre da noi c’è solo Stellantis».
Ma i riflettori, ieri, erano soprattutto diretti sugli stabilimenti italiani. A partire da quello di Melfi. L’azienda ha confermato di voler produrre cinque nuovi modelli full electric nell’impianto lucano, ma i sindacati chiedono rassicurazioni e, soprattutto, che una parte delle vetture sia “ibrida” anche per le difficoltà delle auto completamente elettriche a imporsi sul mercato. Resta tutto da sciogliere, poi, il nodo dei lavoratori dell’indotto, con circa 9 mila lavoratori tra diretti ( 5675) e indiretti. Oggi la fabbrica produce 170mila vetture all’anno, la metà rispetti al 2017. Duro il giudizio della Fiom-Cgil: «Credo sia chiaro anche agli orbi: senza l’amministratore delegato di Stellantis (Carlos Tavares, ndr.) questa discussione non va da nessuna parte. L’ad deve venire in Italia per rispetto di questo Paese», dice il segretario Michele De Palma. «Penso che il comportamento dell’azienda sia irresponsabile socialmente. Oggi eravamo qui per parlare dello stabilimento di Melfi e non abbiamo ricevuto nessuna risposta, né a livello di garanzie sui 5 modelli elettrici promessi, né sul l’indotto». I sindacati ricordano che attualmente a Melfi si assemblano le Jeep Renegade, la Jeep Compass e la Fiat 500X, e che anche se Stellantis ha annunciato con l’arrivo della piattaforma STLA Medium 5 nuovi modelli elettrici, “i tempi non sono allineati rispetto a quelli degli incentivi. Attualmente le lavoratrici e i lavoratori sono tutti in contratto di solidarietà fino a luglio 2024. Per quanto riguarda i dipendenti di Stellantis si deve registrare che la maggior parte degli ultimi assunti a Melfi (i 1.800 dell’epoca del Jobs Act) sono già usciti con gli incentivi all’esodo. Con i nuovi esuberi annunciati in questi giorni, circa 500, e gli oltre 700 in trasferta, stiamo accompagnando un processo di dismissione industriale perché non si stanno prevedendo investimenti in produzione, in nuovi modelli e nella rigenerazione dell’occupazione”.
Prima della riunione con Stellantis, il ministro delle imprese ha presentato ai giornalisti le iniziative programmate per la giornata del Made in Italy prevista per il 15 aprile. “Le nostre esportazioni dal 2015 al 2023 sono aumentate del 48%. Siamo cresciuti più di altri Paesi Ue, abbiamo scavalcato la Corea del Sud come quinto produttore mondiale, grazie alle nostre eccellenze produttive”, ha concluso Urso.