di Gilda Soccodato
Lo scenario è quello problematico della Terra dei fuochi. Le prospettive tantissime ed interessanti, soprattutto se il comparto messo sotto la lente d’ingrandimento è quello dell’ortofrutta delle aziende di Napoli e Caserta. Nasce così, per dar voce alle istanze di cambiamento degli agricoltori di quella che una volta era la Terra di Lavoro il Workshop “Terr e fuoc: scenari e prospettive”, organizzato dall’Associazione “Napoli Incontra” ed in programma a Napoli il 26 febbraio prossimo nel Complesso monumentale di San Domenico Maggiore.
Un comparto a dir poco in sofferenza, vittima di una psicosi generale, oggi che l’analogia tra il consumo di frutta e verdura proveniente dalle province di Napoli e Caserta e l’insorgenza di tumori e leucemie è per la maggioranza dei cittadini una cosa scontata, un dato di fatto incontrovertibile.
Ma non è così. Non per i 10mila produttori circa di pesche, nettarine, susine, mele annurca e fuji… che continuano a lavorare nella piana della Terra di Lavoro, in quella fascia di territorio della Campania Felix che dalla punta più a nord del napoletano si estende fino ai comuni dell’alto casertano al confine con il Molise, il cui fatturato è di milioni di euro se si calcola anche l’indotto collegato al comparto. Prodotti ortofrutticoli buoni e sani, quindi. Innanzitutto perché quasi tutte le aziende agricole dell’area a nord di Napoli hanno delocalizzato le produzioni sui territori dell’alto casertano che le analisi condotte su falde acquifere e terreni hanno escluso dalle aree inquinate. Come le aziende dei fratelli Nicola e Domenico Di Niola, che producono pesche e nettarine a Francolise pur mantenendo la sede amministrativa a Giugliano, comune tra quelli considerati a più alto rischio sanitario nella mappatura prevista dal Decreto Letta.
Sarà il Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, che ha dato la sua adesione ad intervenire al Workshop, l’interlocutore principale degli esponenti della categoria. A lui essi hanno in animo di indirizzare alcune istanze che, se ascoltate, potrebbero modificare l’andamento attuale delle cose. Innanzitutto essi chiederanno l’azzeramento delle sanzioni contro la Russia, decise dai Governi dell’Ue nel luglio 2014 e in scadenza il 31 gennaio 2016, per l’annessione della Crimea da parte dell’ex URSS. La risposta della Russia fu l’embargo su gran parte dei prodotti agroalimentari provenienti dai Paesi Ue, quindi anche dall’Italia, e che dura tutt’ora. Esso ha provocato un arresto quasi totale delle esportazioni di frutta e verdura che dal Nord e dal Centro Italia partivano verso quei territori e la conseguente necessità di assorbire nel mercato interno italiano la quota di produzione proveniente dalle regioni del Sud Italia e destinata prima al consumo delle regioni del Centro-Nord. L’affollamento sul mercato interno di tutte le quote di produzione, che ne è derivato, ha determinato una “guerra”, talvolta anche sleale, tra regioni e regioni, produttori e produttori… ed uno svilimento dei prezzi.
Altra richiesta, che avanzeranno gli agricoltori al Ministro ed agli esponenti del Governo, sarà la modifica della norma che riguarda la modalità di pagamento delle merci deperibili fissata a 60 giorni (L. 27 del 24/3/2012, art.62 comma 3). Proprio perché si tratta di prodotti deperibili in pochi giorni, gli agricoltori chiederanno che da 60 giorni si passi al pagamento ad 1 settimana dalla consegna delle merci, così da bypassare l’immobilismo del commercio ed ulteriori rialzi dei prezzi di vendita dei prodotti.
Terzo punto a cuore dei promotori del Workshop è quello di sottoporre le aziende del comparto al
QR Code, un sistema di lettura con lo smartphone dell’etichetta di un prodotto tramite un codice a barre bidimensionale e quindi dei dati relativi alla qualità dello stesso. Attualmente, in Campania partecipano al progetto varato dal Ministero dell’Agricoltura 1 azienda per Km quadrato. I produttori, invece, chiederanno al Ministro che 100 aziende per Km quadrato si sottopongano allo screening qualità, in modo da essere presenti sul mercato con prodotti riconoscibili da tutti come buoni e sani.
Non più Terra dei fuochi, dunque, ma Terr ‘e fuoc. Il titolo del Convegno quindi trova la sua ragione d’essere in due motivazioni: la prima è che la Campania si erge su una lastra di tufo di origine vulcanica che la separa dalle falde acquifere, proteggendole. Per quanto scellerati siano stati i comportamenti adottati nei comuni della Terra dei fuochi, non sono bastati a scalfire la qualità delle acque e la fertilità del terreno perché questa lastra di tufo è difficile da penetrare e allo stato non c’è alcuna evidenza che sia mai stata superata. In secondo luogo, la Campania è da sempre una terra infuocata dall’energia che il Sole trasmette alla terra, rendendola una delle più fertili al mondo. Attraverso la terra, l’energia del sole si trasmette poi a tutti i prodotti che vi sono coltivati, rendendoli unici al mondo.
Ad avvalorare quanto affermato dai produttori le testimonianze di esperti geologi, biologi, agronomi, economisti di diverse Università, campane e non, che al Convegno presenteranno con numeri e fatti i risultati dei loro studi in materia. I materiali e tutta la documentazione raccolta saranno disponibili online, costituendo un archivio facilmente accessibile da chiunque sia interessato a verificare di persona la qualità delle primizie campane. Inoltre, gli aspetti metodologici delle ricerche saranno raccolti in diverse pubblicazioni da diffondere presso le biblioteche più importanti per consentirne la lettura e l’analisi da parte degli esperti e dei semplici cittadini.
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