Dal profilo Facebook di Ada Natale (14 gennaio 2017)
La fase di documentazione storica e antropologica è quella più appassionante quando ci si mette a tavolino a scrivere una storia. Se poi bisogna anche disegnarla, è quasi d’obbligo andare a cercarsi notizie, descrizioni e riflessioni di altri autori.
E chi scrive per mestiere lo sa quanto sia bello e mai faticoso alzarsi ogni due minuti dalla propria sedia, con la frenesia nel cuore per non farsi scappare un’idea avuta, per dirigersi verso gli scaffali della propria libreria a colpo sicuro, lì dove si sa che sonnecchiano i libri di cui abbiamo bisogno per confermare l’intuizione arrivata dal nulla.
Per il progetto a cui sto lavorando ho avuto bisogno di Plinio il Vecchio e della sua “Naturalis Historia”, stanotte. Un aiutante davvero illustre, ammetterete.
Ho sfogliato le sue pagine con fame, ho cercato in base a vaghe reminiscenze del liceo e alla fine ho trovato. Mi occorreva una notizia sulle querce e quando l’ho letta tra le parole di Plinio i miei occhi si sono illuminati di felicità, li ho sentiti bruciare di soddisfazione come quelli di un pirata davanti al sospirato forziere del tesoro appena acciuffato. Il mio tesoro è stato questo aneddoto, che riporto con piacere qui per le persone curiose e sognatrici che passano ogni tanto da queste parti a chiacchierare con me.
Dice Plinio, a proposito delle querce della Germania, che queste erano così rigogliose e forti al suo tempo da crescere fino al litorale, tanto da invaderlo con le radici, arrivando in questo modo senza ostacoli fino al mare. Ora, a parte la bellezza di immaginare questi paesaggi di una volta, del tutto incontaminati, Plinio fa sognare chi lo legge con una descrizione dei luoghi citati ancora più affascinante, laddove racconta che queste querce marine, lambite alle radici dalle onde con la costanza perenne che solo il mare conosce, a un certo punto si staccavano letteralmente dalla spiaggia, ma senza cadere al suolo: si staccavano, infatti, tenendo ancorate alle loro radici dei pezzi di spiaggia erosi dal mare che facevano loro da zattera e che in questo modo formavano delle vere e proprie piccole isole galleggianti, capaci di sganciarsi dalla terraferma per prendere la via del mare aperto, rivelandosi a volte pericoli mortali per le flotte romane, che finivano per impigliarsi con le vele tra i rami di queste querce. Grossi alberi vagabondi ancorati disperatamente a fazzoletti di terra erranti, sperando che il mare non li consumi troppo presto.
Ditemi se questa non è un’immagine bellissima, che uno la legge, se la vede davanti agli occhi e prova subito a disegnarla, fantasticando già sui testi che la correderanno e prevedendo la contentezza dell’allegro e avventuroso socio, che giorno dopo giorno sogna ancora un po’ più in là dopo ogni disegno che prende vita.
Ada Natale, illustratrice freelance napoletana, ha conseguito la Laurea con lode in Filosofia alla Federico II di Napoli, implementando le proprie conoscenze con un successivo master in Pedagogia clinica presso l’ISFAR di Firenze. Giovane e di indubbio talento, Ada ha ricevuto il premio Lydia Cottone 2016, indetto dalla ConfCommercio di Napoli come artista emergente. Innamorata dell’arte quasi quanto della sua terra natia, dal 2010 collabora con “Ludius – Arte della decorazione”, uno studio d’arte e d’architettura in provincia di Viterbo e, dallo scorso anno, è titolare e amministratrice della neonata casa editrice Barometz, che si occupa di pubblicazioni illustrate con lo scopo di aiutare i giovani talenti del panorama della scrittura italiana e straniera ad emergere ed affermarsi.