A proposito del 25 aprile, a mio avviso, questa è una data che racchiude un valore simbolico assai controverso. Da un lato, essa rievoca la lotta di Resistenza partigiana contro il nazifascismo, che ha determinato la fondazione (sulle ceneri della dittatura fascista di Mussolini e del regime monarchico dei Savoia) di uno Stato formalmente nuovo e rigenerato (ripeto: soltanto nella forma): uno Stato repubblicano, parlamentare e costituzionale, che si è nutrito per vari lustri della retorica “antifascista” della Resistenza e della Liberazione dal nazi-fascismo. Una retorica, a mio avviso, sempre più vuota, sterile e demagogica. Uno Stato “democratico ed antifascista” solo sulla carta, che ha concesso nel 1946 l’amnistia ai fascisti in virtù di una iniziativa di Palmiro Togliatti in qualità di ministro guardasigilli (ossia ministro della giustizia!). Questo solo per ricordare che l’antifascismo istituzionale, al di là delle false e facili rappresentazioni retoriche ufficiali e commemorative, frutto della vuota e sterile propaganda del 25 aprile, si è concretizzato nella realtà storica, fin dai primi momenti, come l’erede più idoneo e funzionale e il discendente diretto del regime mussoliniano, al fine di preservare gli interessi delle classi dominanti. Dunque, dall’altro lato, il 25 aprile si può considerare proprio la data simbolica di una Resistenza e di una lotta di classe tradita e mutilata.
Lucio Garofalo