La storia non è dei vinti. Peccato che spesso i vincitori diventino vinti loro malgrado. Un nome su
tutti. Giovanni Bezzi. Intellettuale di rango, napoleonide della prima ora, lui e la famiglia,
piemontese trapiantato a Londra nel 1823 perché aveva partecipato in Patria ai moti del 1821.
Lingua madre il francese che insegna a Londra per vivere. Divenne uno dei più importanti
intellettuali europei amico e pupillo di Lord Russell. Cavour con tutto il suo acume politico non
sarebbe mai stato Cavour senza il Bezzi. Ed infatti negli anni cinquanta Giovanni Bezzi è un
parlamentare subalpino. Cavour lo porta su un palmo di mano ma poi muore e il Bezzi viene
dimenticato. Nono solo, il suo memoriale scritto nel 1878, prima della morte avvenuta nel 1879, a
sua Maestà Umberto I, sparito. O meglio, solo una breve parte del Memoriale è ancora presente e
non è certamente la più significativa. Si comprende.
Pubblicato questo a Vercelli da uno storico lucchese perché la famiglia del Bezzi è radicata nella
città toscana. Sua nipote Pia sposò un Sergiusti lucchese ed ha lasciato le carte del nonno in
Archivio a Lucca. Naturalmente nessuno si è mai preso la briga di leggerle e di trattare il Bezzi.
Solo uno storico piemontese che ha pubblicato una biografia dal titolo “Giovanni Bezzi il patriota
dimenticato”.
Ho conosciuto il Bezzi studiando in Lucca una marchesa, Eleonora Bernardini, deceduta nel 1855.
Era la marchesa come una nonna per Napoleone III perché amica intima fino alla di lei morte di
Giuseppina Bonaparte, la prima moglie di Napoleone I, Imperatrice dei francesi. Erano così
amiche che tennero corrispondenza per l’intera vita dell’Imperatrice. Del 1854 in archivio a Lucca
c’è una lettera in codice ed in francese in cui un Bezzi scrive da Livorno alla marchesa Bernardini
trattando della Legione straniera francese e di vicende segrete. La lettera è classificata dal
Governo granducale toscano sospetta. Quel Bezzi è certamente il Bezzi d’Aubrey, il patriota
dimenticato. Che in quel periodo stava a Torino ed evidentemente continuava a fare l’agente,
come l’aveva sempre fatto a Londra, per Cavour. Abboccava la Francia, abboccava Napoleone III,
il nipote acquisito della Bernardini.
Eleonora Bernardini era monitorata dal Metternich a partire dal 1817, come appare nei
documenti. Teneva corrispondenza nel 1828 col Graberg de Hemso, un ufficiale di marina
svedese prima al servizio della corona britannica, poi del padre di Carlo Alberto di Savoia, che era
un “giacobino” e che trasmise al figlio Carlo Alberto amore per il nuovo, per una cultura che
scartava l’antico regime. La Marchesa costruì il primo Risorgimento federalista, come appare dalle
sue carte. Aveva contatti col Duca Lucchese Carlo Ludovico attraverso il suo Segretario di Stato,
Ascanio Mansi. Ma anche con i Bonaparte mazziniani che ben conosceva e frequentava da
sempre. Che lei chiama i Principi francesi. Poi con i Savoia, vista l’amicizia col Graberg. E
naturalmente non disdegnava gli Asburgo Lorena, che sicuramente non concorrevano alle
magnifiche sorti e progressive della penisola di quegli anni, perché facevano Asburgo. Un
accenno nelle sue carte invece per i Borbone di Napoli e c’è da giurare che concorsero in queste
manovre. Erano cugini del Borbone lucchese ed interessati a mantenere il loro Regno. Un
Monsignore scrive alla Bernardini nelle lettere con ossequio. Segno che anche a Roma aveva
santi in paradiso. Eppure per gli storici questi documenti sono frammentari e perciò non degni di
valore storico. Così tutti coloro che davvero concorsero a costituire non solo il 1848( Mazzini e
soprattutto i Fabrizi della Lega Italica, seguaci di Mazzini ma più morbidi del Maestro) ma anche il
dopo, almeno fino al 1855, anno di morte della marchesa, sono tagliati fuori dalle vicende. Un
nome su tutti, Ignazio Ribotti, il nobile piemontese mazziniano che Cavour avrebbe voluto al posto
di Garibaldi nella spedizione siciliana. Era intimo questo Ribotti, a partire dagli anni quaranta del
XIX secolo, dei Pierotti di Castelnuovo Garfagnana, come ricorda il dottor Silvio Fioravanti in una
sua pubblicazione. Ma collaborando attivamente con Paolo Fabrizi della Lega italica questo
Ribotti era intimo anche di Antonio Mordini, all’epoca fervente mazziniano e legato ai Fabrizi,
come risulta da una lettera rintracciata. Mordini sarà successivamente il prodittatore in Sicilia con
Garibaldi ma nel 1843 forse nemmeno lo conosce. La nomenclatura inglese di quegli anni come
appare dalle carte collaborava alacremente con i Sovrani nella penisola che non facevano
Asburgo nel tentavo di costituire un Santo Regno Italico. Molto Santo, vista l’ampia adesione in
Vaticano, come appare dai documenti. Ed al tempo stesso molto laico, visto che Mazzini aveva
una sua religione laica e si faceva chiamare lui medesimo “Il Santo”. Questo è il primo
Risorgimento, che viene visto come fallimentare, inconsistente, troppo frammentario, ingestibile
sul piano storico.
Sono dieci anni che ci lavoro ed ho pubblicato molto in rete, dove fortunatamente anche le voci
dissenzienti trovano spazio. Ma guai a sostenere che questa è una incontrovertibile realtà storica.
Sei quasi deriso, vilipeso. Io ho discusso casualmente una tesi su un importante personaggio
risorgimentale anche lui cassato dalla storiografia, perché scomodo. Si fa presto a dire irrilevante,
è un modo molto soft per nascondere verità storiche incontrovertibili e che vogliono solo
nascondere la verità. La Chiesa non c’entra. E’ bene sottolinearlo. Cassata nel 1861 come questi
patrioti di ogni colore politico. Perché i vincitori fecero tabula rasa, come se tutto quello che loro
avevano costruito fosse lineare e frammentario solo quello che veniva prima. Così Carlo Alberto fu
per tutti Re tentenna, e nessuno si prese la briga di descrivere realmente le mosse “segrete” e
complesse di questo sovrano. Il personaggio della mia tesi, espulso dallo stesso Carlo Alberto da
Torino nel 1834 in via ufficiale, ma che continuò sottobanco a viverci indisturbato e a servirlo in
questo comune progetto federale ( comune a Roma, a Carlo Ludovico di Borbone, ai Borbone di
Napoli, a chi non faceva Asburgo, soprattutto ai Bonaparte mazziniani che lo finanziavano, come
appare dalle carte) è cassato. Posso ben dirlo dopo 10 anni di studi e di abboccamenti. Invito i
lettori liberi in rete a rileggere le carte, a non prendere affatto per verità acquisite situazioni che di
realistico hanno ben poco. Oggi la storiografia è seguita pochissimo dai giovani. Addirittura la
storia come disciplina la si vuol togliere dal curricolo. Niente di più dannoso. Ma è altrettanto
dannoso continuare a perpetuare situazioni che poco hanno di autentico. Questo il nostro
Risorgimento. Un vizio comune, che naturalmente lo si trova praticato in ogni epoca storica. Ma
indubitabilmente il Risorgimento italiano ha da questo punto di vista una connotazione
particolarmente marcata di partigianeria storiografica fuori luogo. E Napoleone Bonaparte, il vero
ispiratore del Risorgimento nel nostro Paese, come emblema di potere ed insieme foriero di novità
giuridiche che scardinarono l’antico regime, raccoglie da questo punto di vista ancor più questo
particolare trattamento. I Napoleonidi poi sono quelli che da mazziniani traditori divennero
l’emblema di un papato foriero di disgrazie per il Paese con Napoleone III che agevolò il pontefice
ma poi di fatto avviò lo stesso Risorgimento. Il vero eroe è Garibaldi, con molta retorica e senza
esaminare del tutto gli eventi. Cavour uscì presto di scena, come del resto Mazzini. I vari
Cattaneo, Gioberti, Rosmini, personaggi senza visione politica, dunque da studiare più come
fenomeni politici che come veri ideatori del pensiero Risorgimentale. Mi sono davvero scocciata di
queste affermazioni che ho trovato in giro ed intendo denunciarle. Se non fosse tragico sarebbe
divertente.1
Tag: Garibaldi, Rosmini, Gioberti, Mazzini, Pio IX, Cattaneo, Cavour.
www.storico.org, alla voce Risorgimento; A Viva Voce ( rivista Corsa in lingua italiana), il sito di 1
Canino dedicato a Luciano Bonaparte; Studi Napoleonici, in rete, il sud online. Qui ho pubblicato
in rete. Su tesi on line la mia tesi “Padre Gioacchino Prosperi. Dalle Amicizie Cristiane ai valori
rosminiani”. Giulio Quirico, pubblicazione su Michele Parma edizioni Landolfi Novara 2020, in
appendice un mio breve saggio che descrive queste vicende. Grazie