di LAURA BERCIOUX
Ha diretto Un Posto al Sole e La nuova Squadra, poi Vite Straordinarie e Forum. Il Grande Fratello e Saranno Famosi di Maria De Filippi. La sua grande passione per il cinema e la televisione, confermano il talento tutto partenopeo. Regista televisivo e cinematografico, tra varietà, docufilm, reality show e fiction, Massimiliano Papi, napoletano, ci racconta la sua Napoli: il suo “occhio” speciale a “Visti da Lontano”.
Qual è il tuo rapporto con Napoli e il Sud?
“Avevo 25 anni quando sono andato via da Napoli e allora la mia fu quasi una fuga, volevo far bene nel mio lavoro, migliorare sempre di più e fare esperienze importanti nella televisione e nel cinema. Lavoravo già da diversi anni nel mondo della televisione, ma tutti mi dicevano: “per lavorare ad un certo livello devi andare via da Napoli”…e questa a poco a poco era diventata anche la mia opinione e poi una certezza….e così feci! I primi tempi di vita a Roma avevo quasi un rifiuto per Napoli, la mia città, quella città che non mi poteva dare tutto ciò che pretendevo dal mio lavoro, dalla mia carriera… quelle due ore di auto, quei duecento chilometri che dividevano Roma da Napoli, per certe cose allora mi sembravano duemila! E’ con la maturità, a poco a poco, che ho riscoperto Napoli, e con lei le mie radici, che nonostante siano solo parzialmente napoletane, mi attiravano e attirano tuttora verso di lei: oggi la amo, ne vedo con la giusta distanza pregi e difetti, e sfrutto nella vita e nel mio lavoro ciò che di napoletano c’è in me!”.
Che ricordi hai della tua città?
“E’ facile parlando di Napoli, parlare di una città dai forti contrasti, dai toni forti, dolcissimi e amarissimi; beh direi che le punte più alte di questi contrasti, quelle positive ovviamente, sono quelle che ti restano nel cuore, ti influenzano e condizionano per la vita. E’ per questo che a Napoli mi piace ascoltare disquisire in maniera seria e approfondita dell’episodio più futile e banale, quanto di quello più serio e delicato con la stessa sincera passione e coinvolgimento, sia che si tratti del parente più prossimo, quanto dello sconosciuto passante. Adoro questa paziente e anacronistica “applicazione” a qualsiasi evento riguardi chiunque li circondi. e mi piacerebbe raccontarla in un film oggi, così come facevano Nanni Loy o De Crescenzo negli anni ’80”. E poi ricordo e amo l’autoironia dei napoletani, grande e rara dote, e la nobiltà: d’animo e di rango, perchè quella napoletana è la più nobile che ci sia!”.
Qual è la percezione della reputazione di Napoli nel tuo ambiente di lavoro?
“Anche per questo argomento direi che si vive di contrasti: alti e bassi, giudizi sublimi e pessimi; e purtroppo ancora tanti, troppi luoghi comuni, anche, ahime’, fra le persone più colte. E’ il più delle volte riguardano gli aspetti più negativi e degradanti della città. La maggior parte della gente professa di amarla e apprezzarne le mille doti e bellezze, ma alcuni, non pochi, lo fanno con lo stesso atteggiamento di quelle persone che dell’omosessualità dicono: “io ho tanti amici gay, non ho niente contro di loro, sono persone normali….” ma così dicendo implicitamente ne certificano la “diversità” e ne prendono le distanze”.
Attualmente qual è l’opera più simbolica di Napoli e del Sud?
“Non ho visto negli ultimi anni opere dal forte sapore simbolico a Napoli e, a parte le interessantissime stazioni della metropolitana che sono fra le più belle del mondo, io mi emoziono ogni volta che torno a passeggiare sul lungomare “liberato” davanti all’opera d’arte del Golfo di Napoli, ascoltando il rumore del mare e sentendone il profumo”.
Qual è l’autore più rappresentativo di Napoli?
“Per me adesso è Paolo Sorrentino! Il suo Oscar mi ha inorgoglito per tanti motivi, ed il fatto che il napoletanissimo protagonista Jep Gambardella sia l’unico personaggio che riesca ancora a cogliere brandelli di “bellezza” nel decadente universo romano, violentato dalla volgarità e dalla superficialità, lo trovo molto significativo.
Domenico Rea parlava di due Napoli, la borghesia e i lazzari, senza diventare popolo: ti sembra una chiave di lettura ancora attuale?
“Saro’ impopolare, ma secondo me un pò è ancora così! Anche se non vivendoci più da tanti anni potrei avere una visione non abbastanza esatta e approfondita del tessuto sociale ed economico della città. La sensazione che ho sempre avuto di Napoli, a differenza di tutte le metropoli del mondo che ho visitato, è che ricchi e poveri, colti ed ignoranti, borghesi e lazzari, vivessero sempre fianco a fianco, portone a portone, e questa particolare vicinanza è percepibile anche dalla conformazione della città: percorri la strada elegante, giri un angolo e trovi un basso. Corpi e anime così vicine ma irrimediabilmente separate, quasi a braccetto ma diverse. Condividono, ma uniti non lo sono mai. Ma questa anomala peculiarità di Napoli e dei suoi “popoli”, devo dire che mi ha sempre terribilmente affascinato!”.
Raffaele La Capria parla di ferita insanabile aperta nel 1799. quando i lazzari presero i borghesi illuminati nelle loro case e li trucidarono sulla piazza completando l’opera del Cardinale Ruffo… questa ferita ancora sanguina a suo avviso o è una enfatizzazione letteraria?
“Direi proprio che oggi è letteratura e storia, non può essere attuale. Però quando sono a Napoli, negli ultimi tre/quattro anni di ferite aperte da questa crisi apparentemente senza fine ne percepisco tante: Napoli e i Napoletani mostrano segni di malessere e insofferenza evidenti”.
Cosa faresti e non se fossi il Sindaco di Napoli?
“Cercherei di rivalutare, riutilizzare e convertire gli enormi spazi vuoti e/o abbandonati che esistono in città. Cercando partnership, sinergie e collaborazioni nazionali ed internazionali che consentano tali recuperi con investimenti altrimenti impossibili. Penso ad aree come quelle di Bagnoli o Agnano, ma anche ai quartieri del centro storico dove ci sono palazzi, teatri, chiese, strutture sportive e ricreative abbandonate a se stesse da anni che potrebbero essere sedi di attività di eccellenza, poli artistici, culturali, ricreativi e sociali di grande valore e utilità per la rinascita culturale ed economica della città. Cosa non farei? Eviterei di spendere quei pochi soldi a disposizione in azioni di facciata che forse fanno belli al di fuori della citta’ ma non servono a nulla ai napoletani”.